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- La fabbrica Audi di Bruxelles, certificata carbon neutral, rischia la chiusura dopo 75 anni di attività.
- Produzione di Audi Q8 e-tron ben al di sotto delle aspettative: massimo di 200 veicoli al giorno contro i 500 della vecchia Audi A1.
- Il deficit commerciale con la Cina nel settore delle auto elettriche è di quasi 10 miliardi di euro, mentre l'Unione Europea si ferma a 800 milioni.
La chiusura della fabbrica Audi di Bruxelles: un simbolo della crisi dell’auto elettrica
Lo stabilimento Audi di Bruxelles, situato nel quartiere operaio di Forest, rappresenta un’eccellenza nella transizione verso la mobilità elettrica. Con una superficie di circa 57.000 metri quadrati, questa fabbrica è stata la prima al mondo a ottenere la certificazione “carbon neutral” e ha prodotto veicoli elettrici di alta gamma dal 2018. Tuttavia, oggi, questa “fabbrica del futuro” rischia di chiudere definitivamente a causa della crisi che sta colpendo il settore delle auto elettriche.
Gli operai, molti dei quali di origine italiana, presidiano l’ingresso dello stabilimento, convinti che l’Audi e il gruppo Volkswagen lasceranno Bruxelles dopo 75 anni di attività. Carmelo Liberto, delegato sindacale, esprime la sua preoccupazione: “Lavoro qui dal 1990 e di crisi ne ho viste, ma questa volta non riesco a scorgere una soluzione all’orizzonte”. La fabbrica, che impiega circa 3.000 persone, ha già affrontato una crisi nel 2006, quando la produzione di Golf e Passat fu trasferita in Germania. Allora, grazie alle proteste e all’intermediazione politica, la fabbrica riuscì a sopravvivere, seppur con un personale dimezzato.
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Il declino della produzione e le tensioni sindacali
Dal 2018, lo stabilimento di Bruxelles ha prodotto il SUV elettrico Q8 e-tron, ma la produzione di auto elettriche è stata ben al di sotto delle aspettative.
Mentre con la Audi A1 si producevano 500 auto al giorno, con la Q8 e-tron il massimo raggiunto è stato di 200 veicoli al giorno, con un progressivo calo negli ultimi tempi. La direzione ha annunciato che la produzione del nuovo SUV elettrico sarà trasferita in Messico e Cina, lasciando lo stabilimento belga senza nuovi modelli da produrre.
Gli operai hanno reagito con scioperi e azioni collettive, arrivando a confiscare le chiavi di 200 auto per ottenere garanzie sul futuro dello stabilimento. La direzione ha risposto minacciando azioni legali e mantenendo chiusa la fabbrica fino a quando i lavoratori non riprenderanno la produzione “normalmente”. La tensione è alta, e i sindacati hanno indetto una giornata di protesta per il 16 settembre.
La crisi dell’industria automobilistica europea
La crisi dello stabilimento Audi di Bruxelles è solo un sintomo di una crisi più ampia che sta colpendo l’industria automobilistica europea. Il mercato delle auto elettriche è stagnante, con vendite al palo e un deficit commerciale significativo con la Cina.
Secondo i dati Acea, tra import ed export, la Cina guadagna quasi 10 miliardi di euro, mentre l’Unione Europea si ferma a 800 milioni. Bruxelles ha cercato di contrastare questa situazione elevando dazi sui veicoli elettrici cinesi, ma il problema principale sembra essere legato ai costi di produzione e ai sussidi.
Le case automobilistiche europee, come Audi e Stellantis, stanno spostando la produzione di veicoli elettrici fuori dall’Europa, attratte dai sussidi del piano di investimenti di Joe Biden negli Stati Uniti. Questo ha portato a una richiesta crescente di rinviare lo stop alle vendite di auto con motore a combustione, previsto per il 2035. Tuttavia, molti esperti ritengono che tornare al termico non sia la soluzione, ma che sia necessario avere una strategia chiara per affrontare i problemi attuali.
Le prospettive future e le richieste dei sindacati
I rappresentanti sindacali stanno esortando Volkswagen a migrarne la produzione di ulteriori modelli elettrici nello stabilimento di Bruxelles, possibilmente veicoli di altre marche del gruppo, come per esempio Skoda. “Sono 13 anni che lavoro qui. In questa fabbrica ho anche dei parenti, mio suocero lavora qui, diversi miei cugini e tanti amici. Davvero è una grande famiglia. Siamo in tanti. Anche l’Audi rivendica sempre di essere una grande famiglia, e invece ora ci vuole buttare fuori come fossimo degli estranei, dei vecchi scarponi”, dice sconsolato François Corrado, rappresentante sindacale.
L’ipotesi di un’acquisizione da parte di un investitore asiatico non entusiasma i rappresentanti dei lavoratori, che non vedono in questo una soluzione sostenibile. La situazione rimane incerta, e i lavoratori sperano in un dialogo costruttivo con la direzione e il governo per trovare una soluzione che possa salvaguardare i posti di lavoro e garantire un futuro allo stabilimento.
Bullet Executive Summary
La chiusura dello stabilimento Audi di Bruxelles rappresenta un caso emblematico della crisi che sta colpendo il settore delle auto elettriche in Europa. La transizione verso la mobilità elettrica, seppur necessaria, sta incontrando ostacoli significativi, tra cui la concorrenza asiatica e i costi di produzione elevati. La situazione richiede una riflessione profonda sulle strategie da adottare per garantire una transizione sostenibile e inclusiva.
In economia, la transizione energetica è un processo complesso che richiede investimenti significativi e una pianificazione a lungo termine. La competitività delle industrie dipende non solo dalla capacità di innovare, ma anche dalla capacità di adattarsi ai cambiamenti del mercato globale. La crisi dello stabilimento Audi di Bruxelles ci ricorda l’importanza di avere una strategia chiara e condivisa per affrontare le sfide della transizione verso un’economia più sostenibile.
In conclusione, la chiusura dello stabilimento Audi di Bruxelles non è solo una questione locale, ma un segnale di allarme per l’intera industria automobilistica europea. È fondamentale che le istituzioni, le aziende e i lavoratori collaborino per trovare soluzioni che possano garantire un futuro sostenibile e prospero per tutti.