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- Pil italiano 2025: previsione rivista a +0,6%, da +0,9%.
- Export italiano: 626 miliardi di euro, saldo positivo di 100 miliardi.
- Settore industriale: calo produttivo del -8,2% (2022-2024).
Confindustria rivede al ribasso le stime di crescita del PIL italiano
Il panorama economico italiano si fa più incerto, con Confindustria che rivede al ribasso le previsioni di crescita del Prodotto Interno Lordo (PIL) per il 2025 e il 2026. Questa revisione, annunciata in data odierna, giunge in un contesto globale segnato da crescenti tensioni commerciali e politiche protezionistiche, in particolare a seguito dell’annuncio di nuovi dazi da parte degli Stati Uniti. Il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, ha espresso forte preoccupazione per le possibili ripercussioni sull’economia italiana, sottolineando la necessità di un piano straordinario di investimenti sia a livello nazionale che europeo.
Secondo il Rapporto di previsione di primavera del Centro Studi di Confindustria (CSC), la crescita del PIL nel 2025 è ora stimata allo 0,6%, in calo rispetto al precedente +0,9%. Per il 2026, si prevede un’accelerazione all’1%, ma questo scenario rimane fortemente dipendente dall’evoluzione delle dinamiche internazionali e dalle politiche commerciali adottate dalle principali economie mondiali. Il rischio di un’escalation protezionistica, con l’imposizione di dazi elevati sulle importazioni da e verso gli Stati Uniti e la Cina, potrebbe ulteriormente deprimere la crescita italiana, portandola a livelli minimi del +0,2% nel 2025 e del +0,4% nel 2026.
Orsini ha evidenziato come l’Italia, in quanto paese fortemente orientato all’export (con un volume di esportazioni pari a 626 miliardi di euro e un saldo commerciale positivo di 100 miliardi di euro), sia particolarmente vulnerabile all’introduzione di barriere tariffarie. L’imposizione di dazi all’Europa rappresenterebbe un “colpo durissimo” per le imprese italiane. Tuttavia, il presidente di Confindustria ha espresso ottimismo sulla possibilità di negoziare un accordo commerciale con gli Stati Uniti, sottolineando l’importanza di una risposta unitaria e coesa da parte dell’Unione Europea.
Per fronteggiare questa situazione, Orsini ha ribadito la necessità di un intervento istituzionale volto a sostenere gli investimenti e a migliorare la competitività delle imprese italiane. Ha sottolineato come misure come Industria 5.0 non siano sufficienti a stimolare gli investimenti necessari e ha auspicato l’adozione di politiche più incisive a sostegno delle imprese, anche a costo di aumentare temporaneamente il debito pubblico. Il Rapporto del CSC evidenzia, inoltre, un calo produttivo nel settore industriale italiano tra il 2022 e il 2024 (-8,2%), che ha colpito settori chiave come l’automotive, la moda e la lavorazione dei metalli. Senza un piano di investimenti e senza interventi per abbassare i costi dell’energia, l’Italia rischia di rimanere intrappolata in una “crisi di produzione”.
L’impatto dei dazi sull’economia italiana: analisi settoriale e territoriale
Lucia Aleotti, vicepresidente di Confindustria per il Centro Studi, ha quantificato ulteriormente l’impatto dei dazi sull’economia italiana, stimando una riduzione del PIL allo 0,4%-0,5% nel 2025 e intorno allo 0,6% nel 2026. I settori più a rischio sono quelli con una maggiore esposizione verso gli Stati Uniti, come il settore delle bevande (in particolare il vino), il settore farmaceutico, il settore automobilistico e altri mezzi di trasporto. Aleotti ha espresso particolare preoccupazione per la politica di rilocalizzazione delle imprese promossa dall’amministrazione americana, che potrebbe portare a un’erosione del tessuto produttivo italiano ed europeo.
In base alle analisi del Centro Studi Confindustria e della Svimez, gli effetti combinati di dazi al 20% potrebbero culminare in una contrazione del PIL fino allo 0,2%, mettendo a repentaglio più di 50.000 posizioni lavorative e causando un declino dell’export stimabile tra il 13,5% e il 16,4% in comparti nevralgici quali l’agroalimentare, la chimica e la farmaceutica. Le regioni che maggiormente soffrirebbero sarebbero sia quelle con una forte vocazione all’esportazione, come Lombardia, Emilia-Romagna e Toscana, sia le aree meridionali più deboli, quali Sardegna, Molise e Sicilia, dove la limitata varietà produttiva accresce la fragilità delle aziende.
Gli analisti di Intermonte hanno identificato i settori delle auto e dei componentisti come i più esposti ai dazi, seguiti dall’alimentare, dal beverage e dai beni di lusso. Al contrario, i prodotti farmaceutici, i semiconduttori, il rame, l’oro, il legname e alcuni prodotti non reperibili negli Stati Uniti sarebbero al momento esclusi dai dazi.

Le strategie delle imprese italiane di fronte alle sfide globali
Di fronte a questo scenario di incertezza, alcune imprese italiane stanno già adottando strategie per mitigare l’impatto dei dazi e delle tensioni commerciali. Pirelli, ad esempio, ha annunciato l’intenzione di aumentare la propria capacità produttiva negli Stati Uniti, cogliendo le opportunità di crescita in un mercato che rappresenta il 40% del segmento high-value globale. Questa decisione, secondo il vicepresidente esecutivo di Pirelli, Marco Tronchetti Provera, è in linea con la strategia dell’azienda di essere “cinesi in Cina, italiani in Italia e americani in America”.
Tuttavia, la migrazione di alcune aziende verso gli Stati Uniti potrebbe comportare una riduzione delle opportunità di lavoro in Italia, soprattutto nel settore secondario. Per questo motivo, è fondamentale che il governo italiano adotti misure per sostenere la competitività delle imprese e per attrarre investimenti esteri. Tra le misure proposte da Confindustria, figurano super ammortamenti del 120-130% sugli investimenti produttivi e crediti d’imposta per le imprese che decidono di investire in Italia.
La sfida per l’Italia è quella di trasformare questa crisi in un’opportunità, puntando sull’innovazione, sulla digitalizzazione e sulla sostenibilità per rafforzare la propria posizione nel mercato globale. È necessario, inoltre, un impegno congiunto da parte delle istituzioni, delle imprese e dei lavoratori per costruire un futuro più prospero e sostenibile per il paese.
Un futuro incerto: navigare le acque agitate dell’economia globale
Le previsioni di Confindustria delineano un quadro complesso per l’economia italiana, segnato da incertezze globali e dalla minaccia di una guerra commerciale. La revisione al ribasso delle stime di crescita del PIL evidenzia la necessità di un’azione coordinata e tempestiva da parte del governo e delle istituzioni europee per sostenere le imprese e proteggere i posti di lavoro. La capacità di adattamento e di innovazione delle imprese italiane sarà fondamentale per superare questa fase di difficoltà e per cogliere le opportunità che si presenteranno nel futuro.
In questo contesto di incertezza, è cruciale comprendere alcuni concetti fondamentali dell’economia e della finanza. Uno di questi è il concetto di elasticità della domanda. L’elasticità della domanda misura la reattività della quantità domandata di un bene o servizio alle variazioni del suo prezzo. I beni di lusso, ad esempio, tendono ad avere una domanda meno elastica rispetto ai beni di prima necessità, il che significa che un aumento del prezzo ha un impatto minore sulla quantità domandata. Questo spiega perché, secondo gli analisti, il settore dei beni di lusso potrebbe essere più resiliente all’impatto dei dazi.
Un concetto più avanzato, ma altrettanto rilevante, è quello di vantaggio comparato. Il vantaggio comparato si riferisce alla capacità di un paese o di un’impresa di produrre un bene o servizio a un costo opportunità inferiore rispetto ad altri. In un contesto di globalizzazione e di commercio internazionale, è fondamentale che i paesi si specializzino nella produzione di beni e servizi in cui hanno un vantaggio comparato, per massimizzare l’efficienza e la crescita economica. L’Italia, ad esempio, ha un vantaggio comparato in settori come la moda, l’agroalimentare e il turismo, e dovrebbe concentrare i propri sforzi per rafforzare la propria posizione in questi settori.
Di fronte alle sfide globali, è importante riflettere sul ruolo dell’Italia nel contesto internazionale e sulle strategie da adottare per garantire un futuro prospero e sostenibile per il paese. La capacità di adattamento, l’innovazione e la collaborazione saranno fondamentali per superare le difficoltà e per cogliere le opportunità che si presenteranno nel futuro.
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Confindustria rivede al ribasso le stime di crescita del PIL italiano
Il panorama economico italiano si fa più incerto, con Confindustria che rivede al ribasso le previsioni di crescita del Prodotto Interno Lordo (PIL) per il 2025 e il 2026. Questa revisione, annunciata in data odierna, giunge in un contesto globale segnato da crescenti tensioni commerciali e politiche protezionistiche, in particolare a seguito dell’annuncio di nuovi dazi da parte degli Stati Uniti. Il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, ha espresso forte preoccupazione per le possibili ripercussioni sull’economia italiana, sottolineando la necessità di un piano straordinario di investimenti sia a livello nazionale che europeo.
Secondo il Rapporto di previsione di primavera del Centro Studi di Confindustria (CSC), la crescita del PIL nel 2025 è ora stimata allo 0,6%, in calo rispetto al precedente +0,9%. Per il 2026, si prevede un’accelerazione all’1%, ma questo scenario rimane fortemente dipendente dall’evoluzione delle dinamiche internazionali e dalle politiche commerciali adottate dalle principali economie mondiali. Il rischio di un’escalation protezionistica, con l’imposizione di dazi elevati sulle importazioni da e verso gli Stati Uniti e la Cina, potrebbe ulteriormente deprimere la crescita italiana, portandola a livelli minimi del +0,2% nel 2025 e del +0,4% nel 2026.
Orsini ha evidenziato come l’Italia, in quanto paese fortemente orientato all’export (con un volume di esportazioni pari a 626 miliardi di euro e un saldo commerciale positivo di 100 miliardi di euro), sia particolarmente vulnerabile all’introduzione di barriere tariffarie. L’imposizione di dazi all’Europa rappresenterebbe un “colpo durissimo” per le imprese italiane. Tuttavia, il presidente di Confindustria ha espresso ottimismo sulla possibilità di negoziare un accordo commerciale con gli Stati Uniti, sottolineando l’importanza di una risposta unitaria e coesa da parte dell’Unione Europea.
Per fronteggiare questa situazione, Orsini ha ribadito la necessità di un intervento istituzionale volto a sostenere gli investimenti e a migliorare la competitività delle imprese italiane. Ha sottolineato come misure come Industria 5.0 non siano sufficienti a stimolare gli investimenti necessari e ha auspicato l’adozione di politiche più incisive a sostegno delle imprese, anche a costo di aumentare temporaneamente il debito pubblico. Il Rapporto del CSC evidenzia, inoltre, un calo produttivo nel settore industriale italiano tra il 2022 e il 2024 (-8,2%), che ha colpito settori chiave come l’automotive, la moda e la lavorazione dei metalli. Senza un piano di investimenti e senza interventi per abbassare i costi dell’energia, l’Italia rischia di rimanere intrappolata in una “crisi di produzione”.
L’impatto dei dazi sull’economia italiana: analisi settoriale e territoriale
Lucia Aleotti, vicepresidente di Confindustria per il Centro Studi, ha quantificato ulteriormente l’impatto dei dazi sull’economia italiana, stimando una riduzione del PIL allo 0,4%-0,5% nel 2025 e intorno allo 0,6% nel 2026. I settori più a rischio sono quelli con una maggiore esposizione verso gli Stati Uniti, come il settore delle bevande (in particolare il vino), il settore farmaceutico, il settore automobilistico e altri mezzi di trasporto. Aleotti ha espresso particolare preoccupazione per la politica di rilocalizzazione delle imprese promossa dall’amministrazione americana, che potrebbe portare a un’erosione del tessuto produttivo italiano ed europeo.
In base alle analisi del Centro Studi Confindustria e della Svimez, gli effetti combinati di dazi al 20% potrebbero culminare in una contrazione del PIL fino allo 0,2%, mettendo a repentaglio più di 50.000 posizioni lavorative e causando un declino dell’export stimabile tra il 13,5% e il 16,4% in comparti nevralgici quali l’agroalimentare, la chimica e la farmaceutica. Le regioni che maggiormente soffrirebbero sarebbero sia quelle con una forte vocazione all’esportazione, come Lombardia, Emilia-Romagna e Toscana, sia le aree meridionali più deboli, quali Sardegna, Molise e Sicilia, dove la limitata varietà produttiva accresce la fragilità delle aziende.
Gli analisti di Intermonte hanno identificato i settori delle auto e dei componentisti come i più esposti ai dazi, seguiti dall’alimentare, dal beverage e dai beni di lusso. Al contrario, i prodotti farmaceutici, i semiconduttori, il rame, l’oro, il legname e alcuni prodotti non reperibili negli Stati Uniti sarebbero al momento esclusi dai dazi.

Le strategie delle imprese italiane di fronte alle sfide globali
Di fronte a questo scenario di incertezza, alcune imprese italiane stanno già adottando strategie per mitigare l’impatto dei dazi e delle tensioni commerciali. Pirelli, ad esempio, ha annunciato l’intenzione di aumentare la propria capacità produttiva negli Stati Uniti, cogliendo le opportunità di crescita in un mercato che rappresenta il 40% del segmento high-value globale. Questa decisione, secondo il vicepresidente esecutivo di Pirelli, Marco Tronchetti Provera, è in linea con la strategia dell’azienda di essere “cinesi in Cina, italiani in Italia e americani in America”.
Tuttavia, la migrazione di alcune aziende verso gli Stati Uniti potrebbe comportare una riduzione delle opportunità di lavoro in Italia, soprattutto nel settore secondario. Per questo motivo, è fondamentale che il governo italiano adotti misure per sostenere la competitività delle imprese e per attrarre investimenti esteri. Tra le misure proposte da Confindustria, figurano super ammortamenti del 120-130% sugli investimenti produttivi e crediti d’imposta per le imprese che decidono di investire in Italia.
La sfida per l’Italia è quella di trasformare questa crisi in un’opportunità, puntando sull’innovazione, sulla digitalizzazione e sulla sostenibilità per rafforzare la propria posizione nel mercato globale. È necessario, inoltre, un impegno congiunto da parte delle istituzioni, delle imprese e dei lavoratori per costruire un futuro più prospero e sostenibile per il paese.
Un futuro incerto: navigare le acque agitate dell’economia globale
Le previsioni di Confindustria delineano un quadro complesso per l’economia italiana, segnato da incertezze globali e dalla minaccia di una guerra commerciale. La revisione al ribasso delle stime di crescita del PIL evidenzia la necessità di un’azione coordinata e tempestiva da parte del governo e delle istituzioni europee per sostenere le imprese e proteggere i posti di lavoro. La capacità di adattamento e di innovazione delle imprese italiane sarà fondamentale per superare questa fase di difficoltà e per cogliere le opportunità che si presenteranno nel futuro.
In questo contesto di incertezza, è cruciale comprendere alcuni concetti fondamentali dell’economia e della finanza. Uno di questi è il concetto di elasticità della domanda. L’elasticità della domanda misura la reattività della quantità domandata di un bene o servizio alle variazioni del suo prezzo. I beni di lusso, ad esempio, tendono ad avere una domanda meno elastica rispetto ai beni di prima necessità, il che significa che un aumento del prezzo ha un impatto minore sulla quantità domandata. Questo spiega perché, secondo gli analisti, il settore dei beni di lusso potrebbe essere più resiliente all’impatto dei dazi.
Un concetto più avanzato, ma altrettanto rilevante, è quello di vantaggio comparato. Il vantaggio comparato si riferisce alla capacità di un paese o di un’impresa di produrre un bene o servizio a un costo opportunità inferiore rispetto ad altri. In un contesto di globalizzazione e di commercio internazionale, è fondamentale che i paesi si specializzino nella produzione di beni e servizi in cui hanno un vantaggio comparato, per massimizzare l’efficienza e la crescita economica. L’Italia, ad esempio, ha un vantaggio comparato in settori come la moda, l’agroalimentare e il turismo, e dovrebbe concentrare i propri sforzi per rafforzare la propria posizione in questi settori.
Di fronte alle sfide globali, è importante riflettere sul ruolo dell’Italia nel contesto internazionale e sulle strategie da adottare per garantire un futuro prospero e sostenibile per il paese. La capacità di adattamento, l’innovazione e la collaborazione saranno fondamentali per superare le difficoltà e per cogliere le opportunità che si presenteranno nel futuro.
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Confindustria rivede al ribasso le stime di crescita del PIL italiano
Il panorama economico italiano si fa più incerto, con Confindustria che rivede al ribasso le previsioni di crescita del Prodotto Interno Lordo (PIL) per il 2025 e il 2026. Questa revisione, annunciata in data odierna, giunge in un contesto globale segnato da crescenti tensioni commerciali e politiche protezionistiche, in particolare a seguito dell’annuncio di nuovi dazi da parte degli Stati Uniti. Il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, ha espresso forte preoccupazione per le possibili ripercussioni sull’economia italiana, sottolineando la necessità di un piano straordinario di investimenti sia a livello nazionale che europeo.
Secondo il Rapporto di previsione di primavera del Centro Studi di Confindustria (CSC), la crescita del PIL nel 2025 è ora stimata allo 0,6%, in calo rispetto al precedente +0,9%. Per il 2026, si prevede un’accelerazione all’1%, ma questo scenario rimane fortemente dipendente dall’evoluzione delle dinamiche internazionali e dalle politiche commerciali adottate dalle principali economie mondiali. Il rischio di un’escalation protezionistica, con l’imposizione di dazi elevati sulle importazioni da e verso gli Stati Uniti e la Cina, potrebbe ulteriormente deprimere la crescita italiana, portandola a livelli minimi del +0,2% nel 2025 e del +0,4% nel 2026.
Orsini ha evidenziato come l’Italia, in quanto paese fortemente orientato all’export (con un volume di esportazioni pari a 626 miliardi di euro e un saldo commerciale positivo di 100 miliardi di euro), sia particolarmente vulnerabile all’introduzione di barriere tariffarie. L’imposizione di dazi all’Europa rappresenterebbe un “colpo durissimo” per le imprese italiane. Tuttavia, il presidente di Confindustria ha espresso ottimismo sulla possibilità di negoziare un accordo commerciale con gli Stati Uniti, sottolineando l’importanza di una risposta unitaria e coesa da parte dell’Unione Europea.
Per fronteggiare questa situazione, Orsini ha ribadito la necessità di un intervento istituzionale volto a sostenere gli investimenti e a migliorare la competitività delle imprese italiane. Ha sottolineato come misure come Industria 5.0 non siano sufficienti a stimolare gli investimenti necessari e ha auspicato l’adozione di politiche più incisive a sostegno delle imprese, anche a costo di aumentare temporaneamente il debito pubblico. Il Rapporto del CSC evidenzia, inoltre, un calo produttivo nel settore industriale italiano tra il 2022 e il 2024 (-8,2%), che ha colpito settori chiave come l’automotive, la moda e la lavorazione dei metalli. Senza un piano di investimenti e senza interventi per abbassare i costi dell’energia, l’Italia rischia di rimanere intrappolata in una “crisi di produzione”.
L’impatto dei dazi sull’economia italiana: analisi settoriale e territoriale
Lucia Aleotti, vicepresidente di Confindustria per il Centro Studi, ha quantificato ulteriormente l’impatto dei dazi sull’economia italiana, stimando una riduzione del PIL allo 0,4%-0,5% nel 2025 e intorno allo 0,6% nel 2026. I settori più a rischio sono quelli con una maggiore esposizione verso gli Stati Uniti, come il settore delle bevande (in particolare il vino), il settore farmaceutico, il settore automobilistico e altri mezzi di trasporto. Aleotti ha espresso particolare preoccupazione per la politica di rilocalizzazione delle imprese promossa dall’amministrazione americana, che potrebbe portare a un’erosione del tessuto produttivo italiano ed europeo.
Le aree geografiche che patirebbero maggiormente le conseguenze negative sarebbero le regioni trainanti del settore esportativo, come la Lombardia, l’Emilia-Romagna e la Toscana, ma anche quelle del Mezzogiorno con maggiori difficoltà, come la Sardegna, il Molise e la Sicilia, dove la mancanza di diversificazione del sistema produttivo rende le aziende particolarmente esposte.
Gli analisti di Intermonte hanno identificato i settori delle auto e dei componentisti come i più esposti ai dazi, seguiti dall’alimentare, dal beverage e dai beni di lusso. Al contrario, i prodotti farmaceutici, i semiconduttori, il rame, l’oro, il legname e alcuni prodotti non reperibili negli Stati Uniti sarebbero al momento esclusi dai dazi.

Le strategie delle imprese italiane di fronte alle sfide globali
Di fronte a questo scenario di incertezza, alcune imprese italiane stanno già adottando strategie per mitigare l’impatto dei dazi e delle tensioni commerciali. Pirelli, ad esempio, ha annunciato l’intenzione di aumentare la propria capacità produttiva negli Stati Uniti, cogliendo le opportunità di crescita in un mercato che rappresenta il 40% del segmento high-value globale. Questa decisione, secondo il vicepresidente esecutivo di Pirelli, Marco Tronchetti Provera, è in linea con la strategia dell’azienda di essere “cinesi in Cina, italiani in Italia e americani in America”.
Tuttavia, la migrazione di alcune aziende verso gli Stati Uniti potrebbe comportare una riduzione delle opportunità di lavoro in Italia, soprattutto nel settore secondario. Per questo motivo, è fondamentale che il governo italiano adotti misure per sostenere la competitività delle imprese e per attrarre investimenti esteri. Tra le misure proposte da Confindustria, figurano super ammortamenti del 120-130% sugli investimenti produttivi e crediti d’imposta per le imprese che decidono di investire in Italia.
La sfida per l’Italia è quella di trasformare questa crisi in un’opportunità, puntando sull’innovazione, sulla digitalizzazione e sulla sostenibilità per rafforzare la propria posizione nel mercato globale. È necessario, inoltre, un impegno congiunto da parte delle istituzioni, delle imprese e dei lavoratori per costruire un futuro più prospero e sostenibile per il paese.
Un futuro incerto: navigare le acque agitate dell’economia globale
Le previsioni di Confindustria delineano un quadro complesso per l’economia italiana, segnato da incertezze globali e dalla minaccia di una guerra commerciale. La revisione al ribasso delle stime di crescita del PIL evidenzia la necessità di un’azione coordinata e tempestiva da parte del governo e delle istituzioni europee per sostenere le imprese e proteggere i posti di lavoro. La capacità di adattamento e di innovazione delle imprese italiane sarà fondamentale per superare questa fase di difficoltà e per cogliere le opportunità che si presenteranno nel futuro.
In questo contesto di incertezza, è cruciale comprendere alcuni concetti fondamentali dell’economia e della finanza. Uno di questi è il concetto di elasticità della domanda. L’elasticità della domanda misura la reattività della quantità domandata di un bene o servizio alle variazioni del suo prezzo. I beni di lusso, ad esempio, tendono ad avere una domanda meno elastica rispetto ai beni di prima necessità, il che significa che un aumento del prezzo ha un impatto minore sulla quantità domandata. Questo spiega perché, secondo gli analisti, il settore dei beni di lusso potrebbe essere più resiliente all’impatto dei dazi.
Un concetto più avanzato, ma altrettanto rilevante, è quello di vantaggio comparato. Il vantaggio comparato si riferisce alla capacità di un paese o di un’impresa di produrre un bene o servizio a un costo opportunità inferiore rispetto ad altri. In un contesto di globalizzazione e di commercio internazionale, è fondamentale che i paesi si specializzino nella produzione di beni e servizi in cui hanno un vantaggio comparato, per massimizzare l’efficienza e la crescita economica. L’Italia, ad esempio, ha un vantaggio comparato in settori come la moda, l’agroalimentare e il turismo, e dovrebbe concentrare i propri sforzi per rafforzare la propria posizione in questi settori.
Di fronte alle sfide globali, è importante riflettere sul ruolo dell’Italia nel contesto internazionale e sulle strategie da adottare per garantire un futuro prospero e sostenibile per il paese. La capacità di adattamento, l’innovazione e la collaborazione saranno fondamentali per superare le difficoltà e per cogliere le opportunità che si presenteranno nel futuro.
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Confindustria rivede al ribasso le stime di crescita del PIL italiano
Il panorama economico italiano si fa più incerto, con Confindustria che rivede al ribasso le previsioni di crescita del Prodotto Interno Lordo (PIL) per il 2025 e il 2026. Questa revisione, annunciata in data odierna, giunge in un contesto globale segnato da crescenti tensioni commerciali e politiche protezionistiche, in particolare a seguito dell’annuncio di nuovi dazi da parte degli Stati Uniti. Il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, ha espresso forte preoccupazione per le possibili ripercussioni sull’economia italiana, sottolineando la necessità di un piano straordinario di investimenti sia a livello nazionale che europeo.
Secondo il Rapporto di previsione di primavera del Centro Studi di Confindustria (CSC), la crescita del PIL nel 2025 è ora stimata allo 0,6%, in calo rispetto al precedente +0,9%. Per il 2026, si prevede un’accelerazione all’1%, ma questo scenario rimane fortemente dipendente dall’evoluzione delle dinamiche internazionali e dalle politiche commerciali adottate dalle principali economie mondiali. Il rischio di un’escalation protezionistica, con l’imposizione di dazi elevati sulle importazioni da e verso gli Stati Uniti e la Cina, potrebbe ulteriormente deprimere la crescita italiana, portandola a livelli minimi del +0,2% nel 2025 e del +0,4% nel 2026.
Orsini ha evidenziato come l’Italia, in quanto paese fortemente orientato all’export (con un volume di esportazioni pari a 626 miliardi di euro e un saldo commerciale positivo di 100 miliardi di euro), sia particolarmente vulnerabile all’introduzione di barriere tariffarie. L’imposizione di dazi all’Europa rappresenterebbe un “colpo durissimo” per le imprese italiane. Tuttavia, il presidente di Confindustria ha espresso ottimismo sulla possibilità di negoziare un accordo commerciale con gli Stati Uniti, sottolineando l’importanza di una risposta unitaria e coesa da parte dell’Unione Europea.
Per fronteggiare questa situazione, Orsini ha ribadito la necessità di un intervento istituzionale volto a sostenere gli investimenti e a migliorare la competitività delle imprese italiane. Ha sottolineato come misure come Industria 5.0 non siano sufficienti a stimolare gli investimenti necessari e ha auspicato l’adozione di politiche più incisive a sostegno delle imprese, anche a costo di aumentare temporaneamente il debito pubblico. Il Rapporto del CSC evidenzia, inoltre, un calo produttivo nel settore industriale italiano tra il 2022 e il 2024 (-8,2%), che ha colpito settori chiave come l’automotive, la moda e la lavorazione dei metalli. Senza un piano di investimenti e senza interventi per abbassare i costi dell’energia, l’Italia rischia di rimanere intrappolata in una “crisi di produzione”.
L’impatto dei dazi sull’economia italiana: analisi settoriale e territoriale
Lucia Aleotti, vicepresidente di Confindustria per il Centro Studi, ha quantificato ulteriormente l’impatto dei dazi sull’economia italiana, stimando una riduzione del PIL allo 0,4%-0,5% nel 2025 e intorno allo 0,6% nel 2026. I settori più a rischio sono quelli con una maggiore esposizione verso gli Stati Uniti, come il settore delle bevande (in particolare il vino), il settore farmaceutico, il settore automobilistico e altri mezzi di trasporto. Aleotti ha espresso particolare preoccupazione per la politica di rilocalizzazione delle imprese promossa dall’amministrazione americana, che potrebbe portare a un’erosione del tessuto produttivo italiano ed europeo.
Le aree geografiche che patirebbero maggiormente le conseguenze negative sarebbero le regioni trainanti del settore esportativo, come la Lombardia, l’Emilia-Romagna e la Toscana, ma anche quelle del Mezzogiorno con maggiori difficoltà, come la Sardegna, il Molise e la Sicilia, dove la mancanza di diversificazione del sistema produttivo rende le aziende particolarmente esposte.
Gli analisti di Intermonte hanno identificato i settori delle auto e dei componentisti come i più esposti ai dazi, seguiti dall’alimentare, dal beverage e dai beni di lusso. Al contrario, i prodotti farmaceutici, i semiconduttori, il rame, l’oro, il legname e alcuni prodotti non reperibili negli Stati Uniti sarebbero al momento esclusi dai dazi.
[IMMAGINE=”Crea un’immagine iconica e concettuale ispirata all’arte neoplastica e costruttivista. Visualizza tre entità principali: 1) Un grafico a barre stilizzato che rappresenta il PIL italiano, con una freccia rivolta verso il basso che indica una revisione al ribasso. Le barre devono essere di colore blu scuro desaturato. 2) Una fabbrica stilizzata con linee verticali e orizzontali che simboleggiano la produzione industriale. La fabbrica deve essere di colore grigio chiaro desaturato. 3) Una figura umana stilizzata che rappresenta un lavoratore, con una valigetta in mano, che si allontana dalla fabbrica, simboleggiando la perdita di posti di lavoro. La figura deve essere di colore grigio scuro desaturato. Lo sfondo deve essere bianco. Utilizza una palette di colori freddi e desaturati, con particolare attenzione alle linee verticali e orizz
- Il rapporto ufficiale di Confindustria sulle stime del PIL italiano.
- Presentazione rapporto previsionale economia italiana primavera 2025, dati e analisi Confindustria.
- Sito ufficiale di Confindustria per analisi e posizioni sull'economia italiana.
- Dettagli sull'evento Confindustria su Industria 5.0 e sviluppo sostenibile.